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PAROLA
LA PAROLA
LA PAROLA

LA “PAROLA” DELLA DOMENICA

11.7.20 Comunità Sorella Luna, Roma

(Riflessioni, emozioni, sollecitazioni operative correlate alla omelia domenicale di Don Nicola Bari)

 

“PAROLA”

 

“Cristo esce e va”.

“Non si può stare fermi”, sembra volerci dire la parola del Signore. fra le tante sollecitazioni che ci giungono dalle letture di oggi”.

Dio, infatti,  si fa Parola per entrare nella nostra umanità e accompagnarci nel nostro processo di crescita.

 

La parola, in realtà è atto dinamico, creativo, generativo, anche dal punto di vista teorico e filosofico, un diritto inalienabile, un bisogno insopprimibile per esprimere e comunicare fatti, pensieri ed emozioni e per entrare in autentica relazione con gli altri.

Ma non solo... con la parola diamo identità alle cose, diamo addirittura vita alla realtà. 

Come, peraltro ci confermano, sebbene con altri presupposti, insigni filosofi, psicologi, psicoanalisti, di tutti i tempi che ne hanno evidenziato anche il potere terapeutico (come peraltro quello patogeno quando usata male).

Anche per questo, per rispettare la preziosità della parola, la sua fondamentale importanza, dobbiamo disporci all’ascolto e al silenzio, altrettanto importanti per cogliere il valore e il significato della relazione, che ne è un imprescindibile presupposto, pena un soliloquio senza senso.

Sicché il silenzio e l’ascolto non sono un mero esercizio o una pur valida pratica di buona educazione. 

Sono, invece, parti integranti, e complementari, entrambe necessarie, alla comunicazione e alla efficacia della parola.

Peraltro, l’ascolto non è così facile da praticare anche perché implica la consapevolezza dei propri sentimenti affinché le parole dell’altro non vengano sovraccaricate e confuse con i nostri vissuti e i nostri nodi emotivi irrisolti.

Quindi, ancora una volta don Nicola, partendo da queste preliminari considerazioni, ci rivolge, con fiducia, l’esortazione ad accogliere il cambiamento, a procedere, a crescere nella relazione, nel dialogo, nell’ascolto reciproco, diventando sempre più adulti nel rapporto con la fede, più responsabili nel rapporto con Dio, più squadra nel   rapporto con i compagni di viaggio.

Ma anche a cogliere la funzione generativa della stessa sofferenza che spesso accompagna i processi di trasformazione, e l’opportunità che essa  ci offre di rigenerarci continuamente.

Del resto le letture di oggi “contengono”, sono le parole di don Nicola, “molta forza della natura”: acqua, terra, pietra, rovi, semi. Ciò, a dimostrazione dell’intima, potente connessione della natura umana con la forza dello spirito e in particolare con quella della Parola, che ne rappresenta il tramite, l’anello di congiunzione.

La parabola del Seminatore - la madre di tutte le parabole, potremmo dire -   proposta oggi, sta ad indicare la possibilità che ogni terreno ha l’opportunità di far germogliare i semi che il Seminatore ha sparso copiosamente, laddove e non c’è un terreno assolutamente fecondo così come non c’ è un terreno assolutamente arido o roccioso, mentre ogni terreno, così come ogni seme, possiede la possibilità di favorire uno sviluppo fecondo, la speranza di una crescita.

E difatti, aggiunge don Nicola, noi tutti siamo terra, acqua, pietra.   Tutti siamo terra (un po’terra arida un po’ terra fertile). Tutti siamo anche pietra (talvolta pietra dura talvolta pietra duttile). Tutti siamo acqua (un po’ acqua di vita, un po’ acqua alluvionale, straripante, distruttiva).

Ma tutti possiamo far germogliare i semi che abbiamo senz’altro ricevuto.

Difatti, ovviamente, non è Dio l’incompetente seminatore, che non sa dove seminare e come coltivare le sue piante, siamo piuttosto noi che non sappiamo prenderci cura del terreno che ci è stato affidato.

Ma, conclude don Nicola, dove c’è a possibilità di seminare c’è sempre la speranza di raccogliere buoni frutti, a prescindere dal terreno in cui cade il seme.

È questa la sollecitazione finale di questo primo ciclo di riflessioni, intorno alle pagine del Vangelo e delle Sacre Scritture che oggi trova un epilogo, che significativamente coincide con la riflessione, suggerita dalle pagine del Vangelo di oggi, proprio sul valore della “parola.”

Un primo ciclo, che ci auguriamo possa prevederne altri, ma che non è stato seminato invano.

Ne siamo convinti, e sui suoi frutti siamo altrettanto fiduciosi, soprattutto se sapremo coltivarli insieme.

 

 

 

LA “PAROLA” DELLA DOMENICA 11.7.20 Comunità Sorella Luna, Roma (Riflessioni,...

UN SUGGERIMENTO PER APPROFONDIRE

LE PAROLE PER DIRLO dI Marie Cardinal

ed. Bompiani 1975

“Le parole per dirlo” è un romanzo autobiografico in cui Marie Cardinal parla della sua malattia: costretta in casa, senza poter mai uscire fino all’età di trenta anni, quasi tutti passati in bagno a causa di emorragie improvvise e copiose che le rendono la vita assolutamente invalidante. Tremori, ansie devastanti, una vita assolutamente impossibile senza trovare un minimo aiuto dalla famiglia: la madre, ossessionata dalla vita sociale di una donna ricca, cattolica e piena di ossessioni cattoliche e un padre assente e malato. Non c’è scampo fino a quando la donna non decide di sottoporsi alla psicoanalisi tre volte alla settimana. Lei muta e distante, inizia a parlare a raffica: “Avevo paura della morte, ma anche della vita, perché essa genera la morte. Avevo paura del mondo esterno, ma anche di quello interno. Avevo paura degli altri, e avevo paura di me stessa perché mi sentivo un’altra. Avevo paura, paura, paura, PAURA, PAURA. Nient’altro”.

La psicoanalisi la aiuta. A Marie non si offrono allora che due angosciose e spaventose possibilità: l’ospedale psichiatrico o il suicidio. Il dottore l’accoglie, come abbiamo detto, tre volte la settimana, un ometto bruno, vestito con cura. La donna scrive: “Per la prima volta da tanto tempo qualcuno mi parlava come se fossi una persona normale. E, per la prima volta da tanto tempo, mi comportavo come una persona capace di assumersi le proprie responsabilità".

L’analisi dura sette anni: Marie esce dalla sua “Cosa”, le emorragie di natura psicosomatica e la voglia di morire. Una donna nuova ormai conscia del potere che la madre ha avuto su di lei, una donna algida che non voleva figli. Chiama la bambina pidocchiona, pasticciona, farfugliona. Ma l’ossessione della madre si stempera e Marie si congeda con le parole: "Ti ho tirata fuori, vecchia mia, ti ho tirata fuori! Tutto ciò aveva qualcosa di miracoloso, di fiabesco, di magico. La mia vita era completamente trasformata. Non solo avevo scoperto come esprimermi, ma avevo trovato da sola la strada che mi portava lontana dalla mia famiglia, dal mio ambiente, e mi permetteva di costruirmi un universo finalmente mio."

UN SUGGERIMENTO PER APPROFONDIRE LE PAROLE PER DIRLO dI Marie Cardinal...
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