LA “PAROLA” DELLA DOMENICA

28.3.21 Comunità Sorella Luna, Roma

(Riflessioni, emozioni, sollecitazioni operative correlate alla omelia domenicale di Don Nicola Bari)

Non abbaiate paura di entrare in  Gerusalemme”. In questa settimana, il ritmo dell’anno liturgico rallenta, possiamo seguire Gesù giorno per giorno.

I mantelli stesi, in realtà, sottolineano l’importanza  del passaggio di Cristo ma soprattutto l’importanza  dello scoprire noi stessi, la nostra Gerusalemme.

Difatti don Nicola, soffermandosi sul significato dei mantelli stesi, ci suggerisce di intenderli sì  come un segno di rispetto di devozione per Gesù Cristo ma anche come l’atto del deporre  la  maschera della nostra immagine sociale. E associa questo disvelamento a quello compiuto da chi depone la maschera per scoprire il suo vero volto.

Quindi il passaggio che Cristo compie con l’ingresso in Gerusalemme  segna una tappa rilevante lungo il processo di svelamento di sé che ognuno è chiamato a compiere.

Uno svelamento che, in verità, non è mai definitivo  ma sempre in evoluzione.  

Difatti, il volto, a differenza degli abiti che indossiamo, non è mai statico ma in continuo, espressivo, cambiamento.

In effetti, la maschera è diversa dal volto e rappresenta, in realtà, solo un sentimento del momento.. non il volto vero di ciascuno d noi.

Ma se il mantello rappresenta una sovrastruttura della nostra  identità, un’immagine esteriore  piuttosto che una diretta esposizione  di sé,  il puledro richiama lo sforzo che ciascuno di noi è costretto a sopportare a causa dei  pesi che si sono venuti a formare sin dall’infanzia, e delle ferite che ciascuno ha inesorabilmente e dolosamente sperimentato nella propria vita.

Ma in effetti, ciò che appesantisce il puledro (e ciascuno di noi) è  la paura di riconoscere la nostra vera, profonda identità.

Cristo è venuto proprio per caricarsi sulle proprie spalle le fatiche e la sofferenza di tutti, di tutta l’umanità nel procedere verso il sé più profondo di ciascuno.

Il processo, indicato da Cristo,  in effetti contiene un percorso di liberazione.

L’Osanna rappresenta, allora, l’incoraggiamento ad esserci.

È importante, però,  entrare in Gerusalemme, non da soli ma  accettando la sofferenza che deriva dalla scoperta delle nostre ferite e soprattutto disponendosi a condividerle nella prospettiva di trasformarle in atti d’amore e di gioia.

È importante  allora rallentare  e accettare anche la sofferenza sana.

Difatti l’entrata di Gesù a Gerusalemme, non è solo un evento storico, ma una parabola vive, in azione.

La Settimana Santa dà senso, a uno a uno, ai giorni del nostro destino; ognuno col suo carico  generoso di segni.

Dio sulla croce non è più “l’onnipotente” dei nostri desideri infantili, il salvagente nei nostri naufragi, ma è il  Cristo che ha paura, prova angoscia  e dolore per la morte ma è contestualmente  il “Tutto-abbracciante, l’Onni-amante cha fa naufragio nella tempesta perfetta dell’amore per noi”. (Ermes Ronchi).

È che ci invita ad affrontare con coraggio ma soprattutto ad affrontare insieme, e  un po’ alla volta, come sottolinea  don Nicola, nell’augurarci un cammino sempre più consapevole per diventare adulti nella fede.