Comunità  SORELLA LUNA  Roma

DOMENICA 29 NOVEMBRE 2020

Messa del Giorno I DOMENICA DI AVVENTO – ANNO B

Quest’anno Natale lo celebriamo in condizioni particolari.

Il covid ci costringe a cambiare la nostra tradizione, almeno dal punto di vista esteriore.

Ma il Natale non è una festa dell’apparenza. E quest’anno, complice la malaugurata pandemia, siamo “costretti” a riconoscerlo.

Il Natale, difatti, è una festa intima che ci invita a festeggiare una novità che, in fondo, avviene dentro ciascuno di noi. E   le stesse letture di oggi ci aiutano proprio in tale direzione, fornendoci un’occasione per riflettere sulla nostra vita.

Le letture insistono, oggi, sul valore del tempo: il tempo dell’attesa, in particolare che non è il tempo della passività, beninteso, non è il tempo delle risposte intellettuali alle domande umane.

“Ma è il tempo della nostra possibilità”, sintetizza efficacemente don Nicola.

È il tempo dell’attesa ma anche dell’attenzione, quell’attenzione cui il Signore ci richiama non certo punirci come scolari distratti. Ma come creature amate con premura e fermezza per il semplice fatto che vuole in tutti i modi scuoterci e farci godere, fino in fondo, la pienezza di una vita all’insegna dell’amore.

Una vita nuova  e  feconda, come sempre  fecondo è l’amore del Padre per le sue creature.

Difatti, Nicola, ha paragonato ciascuno di noi ad una donna feconda, in attesa di partorire, laddove tale esperienza sebbene fisicamente, naturalmente preclusa, al genere maschile, rappresenta bene la prospettiva verso cui muoverci tutti, uomini e donne di questo tempo e di questa terra: disporci a far nascere il nuovo dentro di noi, e ad attendere fedelmente, l’avvento, la venuta di Gesù nella nostra vita.

L’amore di Dio, in altri termini, non si conquista con un fare frenetico e impaziente, con un volere, pretenziosamente, costruire e determinare le cose e gli eventi.

Peraltro, quando ci si arrabbia, ci ricorda Nicola, almeno si dimostra di essere vivi come è viva l’invocazione del ritorno al Padre di Isaia che lotta, a nome nostro, contro il ritardo di Dio: “ritorna per amore dei tuoi servi… se tu squarciassi i cieli e discendessi”.  (v. la Prima Lettura (Is 63,16b-17.19b; 64,2-7).

L’avvento, in fondo è allora una ricerca. Una ricerca dentro   noi stessi che passa anche attraverso il superamento, della nostra paura.  Ma soprattutto dalla nostra passività che ci inganna con la promessa di un illusorio distanziamento dal rischio di rapporti veri, dal dolore, dalla delusione, dalla paura, dalla stessa rabbia, Che paradossalmente è pur essa un buon segno, preferibile all’avvizzimento cui siamo destinati quando coltiviamo uno stile di vita evasivo, improntato alla fuga, alla pigrizia mentale, all’evitamento.

Uno stile di vita, in fondo sterile, narcisisticamente ripiegato su se stesso. E, così, tra tante, valgono particolarmente, le uniche due raccomandazioni che le letture di oggi ci consegnano: “STATE ATTENTI E VEGLIATE”.