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SEMPLICITÀ

LA “PAROLA” DELLA DOMENICA  5 luglio 2020

(Riflessioni, emozioni, sollecitazioni operative correlate alla omelia domenicale di Don Nicola Bari)

Comunità Sorella Luna (Roma)

 

“SEMPLICITÀ”

 

Le Letture bibliche di oggi non sono classiche, basate cioè su esortazioni e insegnamenti di vita, magari espressi tramite parabole o ammonimenti.

No! Stavolta Gesù parla del rapporto stesso che ha con il Padre, di conoscenza, riconoscenza, amore.

Sicché, come ci ha sottolineato Don Nicola, Cristo stavolta parla in prima persona ma parla anche di noi, della nostra vita.

 

In realtà le pagine del Vangelo di oggi fanno seguito ad una fase di fallimento, di crisi.

Fanno da sfondo, infatti: l’incarcerazione di Giovanni, la dura contestazione di Gesù dai rappresentanti del tempio, l’allontanamento di molti seguaci, dopo la prima ondata di entusiasmo e di miracoli.

 

Insomma, c’è crisi, c’è qualcosa …che non gira bene.

Ma ecco che, nel momento buio, più critico, si schiude davanti a Gesù uno squarcio inatteso, un capovolgimento improvviso, che gli fa pronunciare parole di intensa gioia e di devoto riconoscimento: “Padre, ti benedico, ti rendo lode, ti ringrazio, perché ti sei rivelato ai piccoli”.

È la logica rivoluzionaria, paradossale, del messaggio evangelico. Capace di scuotere le coscienze e a rompere continuamente schemi precostituiti.  Ma che può prestarsi, ad una lettura superficiale se non in malafede, a interpretazioni di comodo.

Per cui In realtà la vera domanda, riproposta da Don Nicola, suona più o meno così: “Da quale prospettiva ci poniamo per ascoltare il Vangelo?”.

Vero è infatti che spesso tendiamo a interpretare il Vangelo, nel modo a noi più conveniente, provando anche a distorcere il vero messaggio in esso contenuto, in funzione dei nostri opportunismi.

Ma la verità, in fondo, come sottolinea Don Nicola, si afferma da sola e sta dentro di noi, nonostante i nostri tentativi di complicarla.

La verità è semplice ed è sulla bocca dei poveri, dei semplici, dei bambini non dei saccenti, dai falsi sapienti. E sta fondamentalmente nel cambiamento di prospettiva.

È la  scoperta che Gesù, (come  anche la stessa esperienza del Centro La Tenda), è relazione.

È la scoperta della relazione con Cristo, ma non con il Cristo ipostatizzato, astratto, intellettualizzato, concettualizzato. Bensì con un Dio amorevole, misericordioso, che si fa conoscere, con semplicità, dai bambini, dai poveri, dagli uomini di buona volontà e in buona fede.

 

Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”. (Mt 11,25-30)

 

 

La scoperta è dunque la relazione, vera, diretta, spontanea con il Padre, da tener ben distinta dalla manipolazione della relazione, funzionale alla negazione del proprio bisogno di amore e di amicizia.

In realtà, la relazione è la vera prospettiva, la vera sapienza, quella che veramente ci permette di assaporare fino in fondo la vita e di conoscere se stessi attraverso il rapporto con l'altro e viceversa.

È da qui, allora, che possiamo ripartire per ri-motivarci ogni qual volta facciamo i conti con situazioni di difficoltà ma anche con un sentimento, non meno insidioso, di appagamento

Di fatto, i poveri (e i vuoti, come ci ha messo bene in evidenza la nostra amica Marcella Paolemili) ci aiutano a riconoscere la realtà manchevole, interna a noi stessi. E ad attivarci per colmarla.

L’insegnamento è evidente: bisogna ripartire sempre (“imparare e disimparare continuamente”, diremmo noi oggi), per imparare ad amare davvero.

 

 

 

LA “PAROLA” DELLA DOMENICA  5 luglio 2020 (Riflessioni, emozioni, sollecitazioni...

UN SUGGERIMENTO PER APPROFONDIRE

"TUTTO QUELLO CHE SO L'HO IMPARATO ALL'ASILO" di Robert Fulghum

Estratto da Robert Fulghum, Tutto quello che mi serve sapere l’ho imparato all’asilo.

Sperling e Kupfer prima edizione 2004

«La massima parte di ciò che veramente mi serve sapere su come vivere, cosa fare e in che modo comportarmi, l’ho imparato all’asilo. La saggezza non si trova al vertice della montagna degli studi superiori, ma nei castelli di sabbia del giardino dell’infanzia. Queste sono le cose che ho appreso:

dividere tutto con gli altri; giocare correttamente; non far male alla gente; rimettere le cose a posto; sistemare il disordine; non perdere ciò che non è mio; dire che mi dispiace quando faccio del male a qualcuno; lavarmi le mani prima di mangiare; i biscotti caldi e il latte freddo fanno bene; condurre una vita equilibrata; imparare qualche cosa, pensare un po’, disegnare, cantare, ballare e lavorare un tanto al giorno; fare un pisolino al pomeriggio; nel mondo, badare al traffico, tenere per mano e stare vicino agli altri; essere consapevole del meraviglioso; ricordare il seme del vaso: le radici scendono, la pianta sale anche se nessuno sa veramente come e perché, ma tutti noi siamo così; i pesci rossi, i criceti, i topolini bianchi e perfino il seme nel suo recipiente: tutti muoiono e noi pure; non dimenticare, infine, la prima parola che ho imparato, la più importante: osservare.

Tutto quello che mi serve sapere sta lì, da qualche parte: le regole auree, l’amore, l’igiene alimentare, l’ecologia, la politica e il vivere assennatamente. …»

UN SUGGERIMENTO PER APPROFONDIRE "TUTTO QUELLO CHE SO L'HO IMPARATO...
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