La “Divi Claudii Apokolokyntosis” è una satira menippea, satira che prende il nome dai componimenti del filosofo e scrittore Menippo di Gadara, vissuto nel III secolo a.C. in Giordania (conosciuta anche con i nomi di Antiochia e Seleucia), di componimento comico-parodistico prosimetro, ossia misto di prosa e versi. Si tratta di un’opera ironica scritta in occasione della morte di Claudio. Nell’opera è presente lo sfogo dell’autore nei confronti di colui che lo aveva mandato in esilio e si esprime il sarcasmo contro la sua pretesa di essere assunto tra gli dei. Il titolo dell’opera, tradotto, significherebbe, per l’appunto, “trasformazione in zucca” o “zucchificazione”. Il pamphlet (opuscolo letterario di carattere satirico e polemico) è, soprattutto, un documento di impegno politico e sostegno del giovane Nerone. L’opera si apre con le Parche che decidono di tagliare il filo della vita dell’imperatore. Una volta morto, Claudio si reca in cielo e si presenta davanti a Giove, che non lo riconosce perché parla in maniera incomprensibile e così è compito di Ercole capire chi esso sia ma, spaventato a causa dell’aspetto orribile di Claudio, si prepara alla sua tredicesima fatica. Gli dei si riuniscono per capire se divinizzare Claudio o meno ma Augusto lo accusa di aver assassinato numerosi membri della famiglia e chiede per lui una degna punizione. Claudio, così, viene spedito agli inferi, dove è condannato a giocare a dadi con un bussolotto forato. Infine, Caligola lo reclamerà come suo schiavo e sarà consegnato al liberto Menandro perché gli faccia da aiutante.