Il culmine del processo di unificazione italiana si ebbe con la Spedizione dei Mille, che sbarcò in Sicilia nel maggio 1860, e la conquista della Sicilia fu una premessa fondamentale della creazione del futuro Regno d'Italia.
Durante la seconda guerra mondiale l'isola conobbe la stagione del Movimento Indipendentista Siciliano. Come conseguenza delle spinte separatiste, anche in questo caso essa divenne la prima regione italiana ad avere uno statuto speciale. A differenza di quanto avvenuto nelle altre regioni, l'autonomia speciale della Sicilia fu approvata, su basi paritetiche tra Italia e Sicilia, ancor prima della nascita della Repubblica Italiana, mediante il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, che istituiva la Regione siciliana.
L'antica suddivisione in territori consisteva in tre valli (val di Mazara, val di Noto e val Demone). La Regione siciliana è attualmente suddivisa in 9 province regionali e 391 comuni. All'inizio del XX secolo le province erano 7: Castrogiovanni - poi Enna - e Ragusa hanno raggiunto lo status di capoluoghi solo, rispettivamente, nel 1926 (dallo smembramento delle allora province di Catania e Caltanissetta) e nel 1927 (prendendo parte dei comuni del libero consorzio comunale di Siracusa). Agrigento si chiamava Girgenti.
Le attuali nove province, chiamate "regionali", furono istituite negli anni 1970, con legge della Regione, come consorzi di comuni; in precedenza, nel 1946, lo Statuto aveva sancito l'abolizione delle amministrazioni provinciali.
La Sicilia è fra le più popolose regioni italiane (la quinta dopo Lombardia, Lazio, Campania e Veneto). In età classica, l'isola era fra le zone più popolate del Mediterraneo, e alcune città rappresentavano importanti poli urbani del mondo greco. Palermo e Messina erano tra le città più prospere sia dal punto di vista demografico, sia da quello economico. D'altra parte la Sicilia accolse in epoca normanno-sveva coloni lombardi, vale a dire genti provenienti dal Nord Italia; e in età aragonese gruppi provenienti dai Balcani si stabilirono nelle zone della Sicilia occidentale, specialmente in quella montana e collinare.
Nel XVI secolo l'isola aveva più di un milione di abitanti; mentre al primo censimento del Regno d'Italia, nel 1861, i siciliani risultarono 2 932 000, aumentando a più di 3,5 milioni agli inizi del Novecento.
Nei decenni seguenti si verificò l'esodo di massa verso le Americhe, dove c'è una numerosa comunità siculoamericana, e l'Europa; mentre tra il 1961 e il 1971, i siciliani si spostarono verso il Nord Italia. Dagli anni ottanta del Novecento, la diminuzione del tasso di natalità ha contribuito a rallentare la crescita demografica; è la terza regione d'Italia con la più alta natalità e tra quelle con il più alto numero di giovani.
Il fenomeno emigratorio si è ridotto notevolmente ed è ormai equilibrato dall'immigrazione straniera, che in Sicilia è cominciata prima che nelle altre regioni italiane con l'insediamento di una colonia tunisina a Mazara del Vallo.
All'interno dell'isola si registrano gli spostamenti dalle aree montane e collinari economicamente depresse, verso le zone costiere e le grandi città. Le zone di maggior addensamento demografico sono le fasce costiere delle zone cuspidi nord-occidentali (Trapani) e nord-orientali (Messina), il versante dell'Etna e le aree di Palermo e Siracusa. Nel 2003 la popolazione residente superò per la prima volta i 5 milioni di abitanti, raggiungendo i 5.094.937 abitanti nel 2013. Da allora, tuttavia, il numero di abitanti risulta costantemente in calo. Nel 2018 la Sicilia scende per la prima volta sotto i 5 milioni di abitanti.
La lingua ufficiale parlata in Sicilia è l'italiano, ma gran parte della popolazione locale parla anche il siciliano. Quest'ultimo, nonostante sia riconosciuto come lingua dall'UNESCO, dall'Unione europea e da altre organizzazioni internazionali, non gode di tutela da parte dallo Stato Italiano; tale riconoscimento gli viene però dalla Regione siciliana, che ne promuove il patrimonio linguistico nelle scuole. Il siciliano è inoltre ritenuto lingua regionale ai sensi della Carta europea per le lingue regionali e minoritarie, il cui l'articolo 1 afferma che per lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue che non sono dialetti della lingua ufficiale dello stato. La Carta Europea delle Lingue Regionali o minoritarie è stata approvata il 25 giugno 1992 ed è entrata in vigore il 1º marzo 1998. L'Italia ha firmato tale Carta il 27 giugno 2000, ma non l'ha ancora ratificata.
Nell'isola sono presenti alcune minoranze etno-linguistiche e dialettali poco numerose, ma importanti dal punto di vista storico-linguistico: la minoranza gallo-italica della Lombardia siciliana; la minoranza albanese, detta arbëreshe, della città metropolitana di Palermo; e quella più recente greca di Messina. La regione, inoltre, promuove la lingua dei segni italiana (LIS) con un'apposita legge regionale (n. 23/2011).
Nel dominio delle tradizioni popolari rientrano le varianti della lingua siciliana, che tra l'altro furono l'unico complesso del gruppo italo-romanzo a precedere il toscano nell'elevarsi a dignità poetica e letteraria con la scuola siciliana di Federico II di Svevia, tanto da contendere al toscano, per un periodo abbastanza lungo, il primato quale lingua nazionale.
Le tradizioni popolari sicule sono numerose e multiformi, poiché vi s'impressero non poche e divergenti colonizzazioni. È facile rammentare, infatti, che l'isola fu via via dominata da Greci, Romani, Bizantini e Arabi, Normanni, Spagnoli e Francesi, tanto per fare gli esempi più palmari. Com'è ovvio, ciascuno di codesti influssi si esercitò sulla locale etnia in modo più o meno generalizzato, amalgamandosi e scontrandosi di volta in volta con le tradizioni preesistenti, a cominciare da quelle autoctone. La civiltà siciliana e la sua cultura spontanea appaiono perciò insulari, se paragonate agli analoghi frutti che maturano in Sardegna e in Corsica, ma di una ricchezza e di una peculiarità ottimali per uno studioso. Basti ricordare che il folklorista Giuseppe Pitrè dedicò un'opera in venticinque volumi alle tradizioni popolari di quest'area, inglobandovi con pertinenza descrizioni etnografiche e prospettive storiche.