Molte volte quando si gioca ad azzardo, anche i giocatori più incalliti scelgono gli esiti a caso, pensando però di avere fatto una scelta “fortunata”, che ha qualcosa in più per essere vincente. Un esempio è proprio quello della celebre smorfia napoletana creata per suggerire un legame occulto tra numeri e eventi occasionali; 47 “morto che parla”, 90 “la paura”, ecc.
Ma alcune fortune sono motivate in modo meno popolare: se pescando a caso in una miniera di eventi casuali distinguibili ma fisicamente identici (es. gettoni numerati) che vengono rimescolati nella miniera ad ogni estrazione, un certo gettone non esce, bé, è un “numero ritardato” e, molti pensano, la probabilità che esca la prossima volta aumenta nel tempo. Se non fosse ugualmente probabile, a ogni estrazione, che uscisse uno qualsiasi dei gettoni, il gioco sarebbe “truccato”. E noi vogliamo che i giocatori siano invece tutti nella stessa condizione (probabilità di successo). Questo, per la maggior parte della gente e specie per chi scommette non può essere vero: la parola “fortuna” non può essere un’invenzione gratuita. Dunque, chi vince è fortunato oltreché vincente: vince per una sua dote nascosta, “non per caso”.
Perché si tollera il gioco d’azzardo, che manda tanta gente in rovina? La matematica delle probabilità appare come una tecnica di valutazioni soggettive, che ci riporta a considerare la fortuna e la sfortuna all’interno del pensiero razionale, di quel pensiero che vorrebbe essere “capace di previsioni certe” e quindi anche calcolabili in presenza di fenomeni spesso comunissimi.
Dal punto di vista didattico, anche linguistico, ci dà un grande aiuto il gioco di testa e croce; dove gli eventi possibili, a ogni lancio di moneta, sono solo due, T (testa) e C (croce). Sono ugualmente possibili (probabili) e in un caso su due si guadagna un punto a proprio favore. Se si è puntato su T si perde se il lancio dà C; e viceversa. Il rapporto tra il numero dei casi favorevoli e quello dei casi possibili si chiama frequenza e si identifica con la probabilità di successo. In questo esempio, la probabilità di successo è perciò ½ = 0,5 = 50%, come la probabilità di insuccesso. Il problema è quello di capire come si calcola la probabilità di avere nT volte testa e nC volte croce su un totale di N = nT + nC lanci. Il problema didattico consiste nel mostrare che questa probabilità è deducibile dalla potenza ennesima del binomio perché i coefficienti binomiali altro non sono che il numero di modi in cui si realizzerebbe la somma N = nT + nC con tutti i possibili valori di interi tra 0 e N che hanno somma N. Per l’insegnante di matematica, un problema modestissimo.